venerdì 9 marzo 2012

L'Arabo


Si avvicina calmo e sicuro, con lento andare. Predilige abiti eleganti, che più si confanno alla sua sobria figura. Ama sentirsi così: serio, imponente. All’altezza.
Parla con tono basso, tende ad avere una voce calda ed imponente, sicura e dominante.
Ti guarda, con occhi scuri e uno sguardo di rara penetranza. Riesci a sentirlo, mentre ti legge. E prima che tu possa evitarlo, lui ha concluso: ti ha guardato dentro, ha carpito in qualche modo la tua essenza. Ti senti denudata, colta alla sprovvista. Mentre ancora cerchi di rimettere insieme le sensazioni, ti accorgi che il suo volere si è espresso con la massima eloquenza. Ha già finito di parlarti. Ti chiedi quando.
Impeccabile. Caldo. Avvolgente.
E dentro di te alberga solo una gran confusione, avresti voluto più tempo, avresti potuto interagire durante quegli attimi. Ma non ci sei riuscita. E adesso è troppo tardi. Ti chiedi come sia accaduto, ma non focalizzi il momento in cui si è smarrita la tua lucidità.
Lui continua a guardarti con immensità acuta e profonda, accenna appena un sorriso. Ha ottenuto ciò che voleva. E’ soddisfatto, ha guidato con sapienza quel che era, già da principio, il suo gioco.
E’ nato predatore, tra terra e fuoco.
E’ nato cacciatore, si ciba delle sue vittorie.
Non puoi togliergli questo, è il suo nutrimento. E’ la sua vita.

Occhi


A volte gli occhi dicono tutto.
Me ne sono accorta, non so quando..
E, non so quando, ho smesso di guardarli.
Ho smesso di accorgermi di loro, di tutte le sensazioni che mi trasmettono. Di quello che pensano, delle paure che hanno, dei ricordi che tentano invano di reprimere.
Gli occhi dicono tutto riguardo l'avere a che fare con se stessi. Puoi leggervi tutto quello che vuoi, se sai farlo. Emozione, dannazione, gioia, impazienza, paura, sconforto e persino lacrime, anche quando nessun'altra parte del corpo ne mostra. Sono lo strumento di comunicazione per eccellenza, essi mostrano ciò di cui siamo fatti.

domenica 12 febbraio 2012

Dov'è finito Calimero?


Avevo circa 10 anni. All'epoca mio padre acquistava un settimanale, oggi fuori produzione, che si chiamava "L'Intrepido". Era un giornale particolare, per uomini, ma la mia attenzione finiva sempre sulla pagina dove si parlava di straordinari gadget. Ricordo che l'oggetto che più desideravo, tra questi, erano un paio di occhiali che permettevano di vedere al di là dei muri! Con circa 15.000 lire, spediti in busta chiusa, avrei potuto avere tra le mie mani quello che stavo desiderando.
Chiaramente, questi occhiali non potevano essere quello che reclamavano - in fondo c'era la scritta minuscola che ne smentiva il "potere" (e io non avevo 15.000 lire!), ma l'effetto di quel riquadro di giornale era ipnotico. Avevo 10 anni. Ero già un ottimo destinatario della pubblicità!
La pubblicità. Uno strumento eccezionale, ma anche una vera e propria "scienza". Già nel dopoguerra ci fu il Carosello a farla da padrone. Appuntamento fisso, dopo cena, davanti alla televisione, per assistere con tutta la famiglia ad una lunghissima carrellata di reclame, una di fila all'altra. Si narravano vere e proprie storie, che avevano come filo conduttore il prodotto da pubblicizzare. Famosissime le storie di Calimero e Carmencita.
La potenza di questi cortometraggi era quella di richiamare l'attenzione della gente e di invogliarla a provare tale detersivo o tale caffè. Ma l'effetto straordinario fu quello di cambiare le abitudini dei consumatori, che si sentivano quasi in dovere di acquistare quello che, ormai, tutti acquistavano, perché la televisione diceva che era "buono"!
Negli anni tantissime aziende decisero di sfruttare questa opportunità della TV, oltre che della stampa, tanto che, per soddisfare tutti, si dovettero ridurre i tempi per ogni spazio pubblicitario.
E qui iniziarono ad emergere veri e propri professionisti che in 30 secondi di trasmissione dovevano incantare il pubblico sfruttando ogni mezzo a disposizione.
I più bravi crearono degli slogan, stacchetti musicali o personaggi di fantasia che ricordiamo ancora oggi.
Il sistema ora è lo stesso, ma i professionisti di adesso, oltre ai veri e propri creativi, sono gli psicologi. Ogni prodotto ha la propria categoria di destinatari, e la sua promozione deve colpire il punto debole di quella categoria, con la carta stampata, la TV, la radio, l'immagine giusta, l'ambiente giusto e la musica giusta.
Un autentico bombardamento psicologico di massa, in grado di muovere ingenti somme di denaro nelle tasche dei mittenti solamente stimolando, senza alcuna minaccia o violenza.
Una potenza spropositata che purtroppo, a volte, viene sfruttata in malafede. Non faccio riferimento agli "occhiali raggi X", ovviamente (la loro natura era palese), ma a quelle realtà che ingannano i potenziali consumatori, garantendo effetti e qualità che nella realtà non trovano riscontro. Truffe. Addirittura alcune multinazionali hanno tentato (talvolta riuscendoci) di modificare lo stile di vita delle popolazioni, incentivando vertiginosamente i consumi e il regime alimentare, che per la maggior parte delle volte tende a non essere salutare e a portare addirittura alla dipendenza. Cose orrende che appannano il fascino originario del mezzo che utilizzano per i loro indegni fini, quello che è stato a sua volta pubblicizzato come "l'anima del commercio".
Considerando che ancora oggi è veramente piacevole vedere della Pubblicità creata in modo originale, a volte ironica, a volte emozionante, mi piace pensare che sia l'anima del commercio sano, non uno strumento della politica. Ma purtroppo è questa la realtà e non ci resta che godercela con gli occhi di un ragazzino, ma con la coscienza di un adulto consapevole.

PIEGHE DEL PROGRESSO



 Guardando indietro nelle ultime decadi, noto un forte cambiamento rispetto a quello che sono gli strumenti di comunicazione come la televisione, il cinema, il computer. Progressivamente, ognuno di questi strumenti si è evoluto, ha raggiunto un picco ed è stato superato, così come è successo allo stile di vita dell’occidentale medio. Si tratta di un miglioramento della qualità della vita in base a quello che sono le necessità del momento storico vissuto.
Attualmente ci troviamo di fronte ad una realtà che ha da poco visto il picco del capitalismo, caratterizzato dall’illusione dell’arrivismo, applicato in breve tempo e senza sforzi, basta avere un po’ di denaro e muoverlo nel modo giusto - poco importa quanto etico. Ma quest’epoca, fatta di boom mediatici e Rockefeller, ci si sgretola davanti lasciandoci di fronte alla realtà, fino a poco fa “coperta” da questi colossi, fatta di significato del percorso piuttosto che dell’arrivo.
Ad ogni modo, la società odierna offre, al contrario del passato, molteplici opzioni riguardo il tempo libero, il cui considerevole valore aggiunto è l’accessibilità dei prezzi: abbiamo tanta scelta tra corsi di pittura, cucina, palestre, biliardo, musica, gioco d’azzardo, biblioteche, sport e quant’altro, che non sappiamo quasi più cosa fare.
Parallelamente a questo c’è, però, anche la necessità di lavorare il più possibile per potersi permettere le attività del tempo libero e i vari “capricci”, elementi superflui a cui teniamo, che ci piacciono, di cui siamo appassionati o collezionisti, o semplicemente vizi a cui siamo abituati o sfizi che non abbiamo mai avuto modo di poter soddisfare.
Insomma, gli “extra” sono decisamente aumentati rispetto a qualche decina di anni fa e, di conseguenza, le necessità economiche sono aumentate. Si tende, quindi, a lavorare “di più”.
Carattere peculiare dell’essere umano è il “miglioramento”, il progresso visto in ogni sua forma; protagonisti indiscussi dei nostri tempi sono il computer e il web, i quali hanno calzato perfettamente i nostri bisogni. Passiamo dalla ricerca allo scambio di informazioni, di notizie, film, nozioni, articoli, troviamo risposte a qualunque domanda in qualunque lingua esistente in qualunque parte del mondo, tutto rigorosamente in tempo reale. E comodamente dalla poltrona di casa. Possiamo ordinare pasti a domicilio, con le chat e l’arrivo dei social network possiamo persino fare una chiacchierata senza perdere il tempo di arrivare in un luogo, parcheggiare, consumare un tè e tornare a casa. Ormai lo facciamo un po’ da qualsiasi posto: casa, posto di lavoro, se hai internet sul telefono cellulare puoi anche farlo dal centro della città. Tempo se ne risparmia, decisamente. Basti immaginare di voler cercare un’informazione di cui si è ignari, magari l’enciclopedia non è abbastanza eloquente, si dovrebbe andare in biblioteca. Quanto tempo ci vorrebbe per fare il tutto? O immaginiamo di cercare un idraulico, o una qualsiasi cosa. Insomma, il miglioramento in base alla qualità è indiscutibile.
L’elemento che però rende davvero la vita qualitativamente migliore, in ogni Paese del mondo, è la libera informazione, che porta un aumento della coscienza di ciò che accade in tutto il globo. Ricaviamo dal web filmati su ogni cosa, l’informazione generale si è sviluppata a tal punto da rendere difficile mascherare o omettere elementi o intere situazioni nazionali, come accadeva prima. Siamo sicuramente più coscienti o, quanto meno, abbiamo la possibilità di esserlo.
C’è da dire che i “vecchi tempi” hanno un fascino tutto loro, basti pensare ai drive-in, dove si guardava un film su schermo dalla propria automobile. Personalmente, tendo a considerare anche lo stesso cinema un po’ “passé”, siamo ormai sull’onda del sorpasso, però questi due esempi rendono sicuramente l’idea di “spazio dedicato”, del fare qualcosa a trecentosessanta gradi, uscire, andare da qualche parte, gustarsi quel che si sta facendo e tornare a casa. Voglio dire, ognuna di queste azioni porta con sé un qualcosa di più ampio, come le varie riflessioni spontanee mentre torni a casa, il piacere di riscoprire un locale, la comunicazione continua, fatta anche di semplici sguardi, che riscontri da quando esci finché rientri.
Soprattutto, porta con sé l’importanza della vita sociale, dello stare insieme agli amici, dell’organizzazione collettiva di un evento, il piacere di passare il pomeriggio anche senza fare niente, al parco o sul classico “muretto”, ma stando insieme, avendo scambi e rapporti interpersonali. Oramai, se non si spendono soldi, non si esce di casa.
Ci siamo impigriti, ormai ci pesa uscire, viviamo le giornate nella lotta con l’inerzia. E spesso perdiamo.
In questo senso, gli strumenti di comunicazione di massa come la televisione e internet hanno sì migliorato lo stile di vita, ma ci hanno fornito la poltrona sulla quale oziare. E, si sa, l’ozio è il padre dei vizi, ti trascina in un vortice e non smetteresti più. Preferiamo stare a casa sulla poltrona che andare “al solito bar a fare le solite cose” ci diciamo, ma la verità è che ci stiamo ammalando di inerzia e asocialità, che sono poi i parenti più stretti di un diffuso disturbo chiamato “depressione”. Siamo asociali, non comunichiamo più fisicamente, tanto c’è il computer dal quale posso scrivere quello che voglio, posso diventare chi voglio, posso esprimermi come voglio.
I tempi odierni, per le serie di motivi sopra elencati, ci hanno portato a preferire la comunicazione telematica a quella fisica-verbale. Tale atteggiamento porta inevitabilmente, alla lunga, a creare una vera e propria maschera su se stessi e, di conseguenza, a ricusare gradualmente i contatti con l’esterno e il mondo fisico-materiale.
Non dimentichiamo, poi, le persone più fragili o semplicemente chi vive un momento di debolezza, chi soffre di vari tipi di complessi come le caratteristiche crisi adolescenziali, le condizioni di depressione e tutti i tipi di disturbi psicologici o emotivi. Ci troviamo, riguardo ciò, di fronte ad un’arma a doppio taglio. Tanto può essere costruttivo un punto di accesso con il mondo esterno in una condizione interiore di chiusura, quanto può essere distruttivo cadere in una sorta di dipendenza dalla comodità e dall’evitare di mettersi in gioco continuando ad avere scambi, a questo punto controllati, con il “fuori”. Per utilizzare un termine generale, direi che siamo “incapsulati” in parte, e questo ha permesso un bombardamento mediatico molto potente e molto efficace, tale da riuscire a plagiare intere masse. Come scrivevo all’inizio, siamo presi dal bisogno degli inutili vizi e sfizi, e questi sono diventati ormai la vera necessità dell’epoca, tanto abbiamo “tutto” a portata di mano.
Volendo concludere e fare di quanto detto un’opinione completa, direi che gli elementi del passato hanno avuto una loro funzione da non sottovalutare, e che ogni strumento è utile e costruttivo se utilizzato in maniera “sana”. Ci vorrebbe solo un po’ di buon senso e attenzione, parsimonia e lucidità, pioché comportamenti avventati verso la tecnologia e il progresso hanno portato, nella storia, all’ozio dei popoli e, in casi estremi, alla guerra.

giovedì 9 febbraio 2012

Così, tanto per cominciare e vedere come vengono fuori i post! Buon inizio. Si comincia!